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DUOMO: CATTEDRALE DI SANTA MARIA DELL’ASSUNTA

260px-fano_cattedraleDi origini probabilmente anteriori al 1000, la Cattedrale si mostra con la sua facciata tipicamente romanica, di gusto squisitamente arcaico. Entrando attraverso il bel portale in cui le tarsie marmoree di mano cosmatesca si contrappongono all’immagine fortemente in rilievo dell’Agnello Divino, ammiriamo l’interno a tre navate, ornato di sei cappelle laterali tra cui meritano particolare attenzione la Cappella Nolfi, affrescata dal Domenichino nel XVII sec. , e il pulpito composto di sculture e altorilievi romanici appartenenti alla più antica costruzione.

La facciata è quella che meglio ha conservato la sua struttura romanica originaria, grazie soprattutto ai lavori di ripristino eseguiti negli anni Venti del XX secolo. Essa è tripartita con un profilo a capanna. Nelle due parti esterne sono inserite delle finte loggette. Nella parte centrale è un bel portale.

L’interno è a tre navate suddivise da pilastri. Di valore storico-artistico è il pulpito, riassemblato nella prima metà del secolo scorso utilizzando i vari elementi che, o erano stati murati per successivi riutilizzi, o erano sparsi in episcopio, sempre utilizzati per altri scopi. Esso è composto da lastre marmoree con rilievi in stile romanico, che compongono una serie di episodi evangelicidella Venuta di Cristo; solo le colonne sono moderne.

Lateralmente vi sono sei cappelle, tre per parte. Nella navata destra, si incontra dapprima la cappella dedicata a San Paolo; segue quella ove sono i sepolcri dei vescovi diocesani; infine la più sontuosa Cappella Nolfi, così chiamata perché concessa in patronato alla nobile famiglia fanese dei Nolfi. Allestita agli inizi del XVII secolo in un’esuberante decorazione barocca. Vi sono conservate importanti tele del Domenichino, raffiguranti episodi della Vita della Vergine Maria.

Nella navata di sinistra si incontrano le cappelle del Crocifisso, della Madonna Pellegrina e la cappella del battistero, nella quale fu battezzato, il 4 marzo 1536, Ippolito Aldobrandini, futuro papa Clemente VIII (15921605).

Nel transetto sono poste altre due cappelle: a destra, la cappella dei Santi Protettori, dedicata a due santi vescovi fanesi, Orso ed Eusebio, raffigurati da una tela di Ludovico Carracci del 1613; a sinistra, la cappella del Santissimo Sacramento in stile neoclassico, che subì diversi interventi nel corso dei secoli, a causa di un terremoto nel 1672, che vi fece crollare sopra parte del campanile, e a causa dei bombardamenti tedeschi dell’ultima guerra.

Nel presbiterio è l’altare maggiore, che poggia sul sarcofago di San Fortunato; dietro è il coro ligneo del XVIII secolo; sul fondo è la tela di Sebastiano Ceccarini (1750), che raffigura Maria assunta in cielo. Ai lati finestre istoriate con le raffigurazioni dei santi vescovi protettori di Fano: Paterniano, Eusebio, Orso e Fortunato.

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SAN PATERNIANO

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La chiesa dedicata al Patrono della città, di stile tardorinascimentale, si articola in strutture ed elementi architettonici sobri ed imponenti. Il precedente edificio intitolato al Santo era situato fuori il centro cittadino, in Via dell’Abbazia, sul luogo dell’attuale cappella esagonale edificata per ricordare l’ubicazione dell’antico complesso monastico.

Secondo la “Vita Sancti Paterniani” del codice Nonantolano (manoscritto del XII secolo conservato presso l’archivio del Capitolo), il Santo morì in questo luogo (360 circa) dopo aver retto la chiesa fanese per quarantadue anni.

Successivamente sul suo sepolcro si edificò una basilica più volte ricostruita e all’ottavo secolo risalirebbe la fondazione dell’abbazia benedettina.

Nel 1479 il monastero passò ai Canonici Regolari di San Salvatore, i quali già dal terzo decennio del ‘500 avviarono sull’area della chiesa di San Nicolò e di alcune abitazioni i lavori dell’attuale complesso conventuale, (per i quali i documenti d’archivio ricordano Magister Stefanus Martini e Magister Petrus Antonii di Como).

Nel 1551 fu traslato il corpo di San Paterniano dalla chiesa extraurbana alla cappella dedicata al Santo, posta in fondo alla navata laterale destra, mentre nel 1558 si celebrò la consacrazione della chiesa. L’esterno dell’edificio non venne mai ultimato con il rivestimento in pietra e ad ornamento della facciata fu eseguito solo il bel portale di derivazione michelangiolesca del veneziano Jacopo Bambagiani (1573).

I Canonici Regolari di San Salvatore tennero il monastero fino al 1860 e solo in questo secolo è passato ai padri Cappuccini.

All’interno si trovano dipinti di Alessandro Tiarini, Giambattista Ragazzini, Claudio Ridolfi, un’opera attribuita al Cavalier d’Arpino, un Crocifisso ligneo del napoletano Giacomo Colombo. Nella cappella di San Paterniano il ciclo di dipinti realizzati da Carlo Bononi e Sebastiano Ceccarini racconta la vita del Santo, mentre l’affesco della cupoletta più interna è opera di Antonio Viviani detto il Sordo.

L’interno presenta tre navate con transetto non aggettante. Le navate laterali consentono l’accesso alle cappelle di San Giuseppe (a sinistra) e alla cappella di San Paterniano (a destra). La navata centrale termina con il vano absidato in cui campeggia il dipinto ad affresco raffigurante “Il paradiso” del pittore ravennate Giambattista Ragazzini (1556).

Nelle coperture si succedono le cupolette ottagonali e circolari delle navate minori, la volta a botte della navata centrale e la grande cupola all’incrocio della navata centrale con il transetto, anch’essa affrescata dal Ragazzini con “il paradiso”.

Nel primo altare della navata destra trova collocazione “Lo sposalizio della Vergine” copia realizzata da Giusto Cespi da un originale del Guercino (attualmente presso la collezione della Cassa di Risparmio).

Segue nel secondo altare il “San Nicola di Bari e Sant’Onofrio” di un pittore fanese della famiglia dei Giangolini (Secolo XVII).

Al termine della navata si accede alla cappella absidale di San Paterniano dove sono conservate le spoglie del Santo e l’antico sarcofago. Il vano, decorato con stucchi del XVII secolo, è diviso in due campate coperte da cupolette. La parte anteriore ha sulle pareti laterali due tele di Sebastiano Ceccarini, rispettivamente “San Paterniano e i suoi monaci seguono l’Angelo” e ” San Paterniano fa abbattere gli idoli”, nella cupoletta l’affresco con “San Paterniano in gloria” dello stesso artista (dopo il 1772). La parte posteriore è decorata con tre tele del ferrarese Carlo Bononi rappresentanti “L’Angelo appare a San Paterniano”, “San Paterniano guarisce una cieca”, “La ricognizione della salma del Santo”. L’affresco della volta è opera del pittore urbinate Antonio Viviani (1614 – 1618).

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SAN PIETRO IN VALLE

foto-grandeGli Oratoriani di San Filippo Neri furono precocemente introdotti a Fano dall’ecclesiastico fanese Girolamo Gabrielli, ma la “conformazione” ufficiale si ebbe nel 1607 con bolla di papa Paolo V Borghese.
Prima sede della comunità fu la casa parrocchiale della chiesa medioevale di S.Pietro in Valle, così chiamata perchè sorgente presso l’antico vallum della città romana. Nel giro di pochi anni gli Oratoriani fanesi, abbattuta l’antica chiesa di S.Pietro, si impegnarono nella edificazione di un nuovo tempio aderente ai dettami architettonici e decorativi della Congregazione: aula unica, cappelle laterali, severa sobrietà degli esterni cui si contrappone la ricca proliferazione decorativa degli interni.

La Chiesa, che mantenne la primitiva intitolazione, fu progettata dall’architetto napoletano Giovanni Battista Cavagna, allora impegnato in alcuni lavori a Loreto, consacrata nel 1617 e portata a compimento da Giovanni Maria Pazzaia. Mentre l’esterno è rimasto a tutt’oggi incompiuto senza il previsto rivestimento in pietra, l’interno è ricchissimo di ori, stucchi, marmi e pitture che ne fanno uno degli esempi più fastosi di decorazione barocca nelle Marche. Gli interventi si svolgono per tutto l’arco del secolo e culminano con la realizzazione nel 1710 delle splendide cantorie del transetto adorne di bianchi angeli musicanti.

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Delle 6 cappelle esistenti, la prima a sinistra, appartenente alla famiglia Gabrielli e dedicata alla Vergine, accoglieva una Annunciazione di Guido Reni risalente al 1621, dagli intensi effetti luministici.

Tali opere sono provvisoriamente conservate nella Pinacoteca civica in attesa del completamento dei lavori di restauro.
Si trovano invece in Francia altri 2 preziosi dipinti, La Consegna delle chiavi di Guido Reni e il S.Giovanni al fonte del Guercino, asportati alla fine del ‘700 dalle truppe napoleoniche (ora ai musei del Louvre e di Montpellier).
L’Oratorio, attiguo alla chiesa, fu completato nel 1699 e decorato dal bolognese Lauro Bonaguardia, autore anche dell’ornamentazione della cupola. Tale ambiente, oggi distrutto, era posto al piano terra dell’attuale fabbricato della Biblioteca Federiciana. Al piano superiore, già dal 1678, era stato sistemato un grande salone – la cd. Sala dei Globi – ancora esistente, arredato con alte scansie, opera di un certo maestro Francesco bolognese. Qui era, ed è ancora ospitata la grande ‘Libraria’ dell’Abate Domenico Federici (12.000 volumi) che, accolto in Congregazione nel 1681, fece del convento dei Filippini uno dei ‘poli cultuali’ più importanti della città. F.E.

Il presente materiale è stato tratto dalla mostra I luoghi dei Filippini estate 1995; a cura della Regione Marche

SANTA MARIA NUOVA

pietro_perugino_cat45bL’originaria chiesa parrocchiale di San Salvatore affonda le sue origini nell’età medievale, nel 1518 venne concessa ai Frati Minori Osservanti in fuga dal loro monastero extraurbano di Santa Maria Nuova di San Lazzaro a causa delle angherie perpetrate dalle truppe roveresche che assediarono Fano nel 1517. Proprio i Frati riedificarono l’antico luogo di culto dandogli l’assetto attuale, la chiesa fu poi rimaneggiata nel XVIII secolo e subì profondi restauri nel 1959 dopo le devastazioni (crollo del campanile con conseguente danneggiamento dell’area presbiteriale) dell’ultimo conflitto mondiale.Ogni anno, dal 1962, è sede del Festival Organistico Santa Maria Nuova.

All’esterno della chiesa l’interesse maggiore è dato dal pregevole portale rinascimentale che si trova sotto un arioso porticato rinascimentale, un’opera di Bernardino di Pietro da Carona, realizzata nel 1498 originariamente per abbellire la chiesa fuori le mura cittadine abbandonata dai frati.L’interno è caratterizzato da un’unica grande navata e dal profondo presbiterio, decorato da stucchi settecenteschi. Partendo dal lato destro, sul primo altare è possibile ammirare una tela di Francesco Giangolini raffigurante il Battesimo di Gesù. Nel terzo altare invece, si trova la Pala di Fano, tavola del Perugino realizzata nel 1497 e rappresentante la Madonna col Bambino in trono e i santi Maddalena, Paolo, Pietro, Francesco e Giovanni Battista con una lunetta con una Pietà;la ricca ricca di forza plastica, data dal chiaroscuro e dal colore ne fanno uno dei capolavori dell’artista e non è impossibile che vi posto mano anche un giovanissimo Raffaello, così come nella predella con la Natività di MariaPresentazione di Gesù al TempioSposalizio della VergineAnnunciazione e Assunzione.

fano_santamarianuovaNell’abside si trova un pregevole coro ligneo opera di Antonio e Andrea Barili da Siena, realizzato tra il 1484 ed il 1489, è stato soggetto ad importanti rifacimenti dopo l’ultimo conflitto mondiale a causa dei danni subiti dall’esplosione del campanile.Nel lato sinistro della chiesa, sul quarto altare, si trova una Madonna col Bambino e tre santi tela di Giovanni Maria Luffoni, al secondo, un Annunciazione, altra tavola del Perugino risalente al 1489 mentre al primo la Visitazione, tavola di Giovanni Santi.

Ai due lati dell’altare maggiore, entro apposite nicchie con mostre composte da canne di Principale, si trova l’organo a canne Mascioni opus 776, costruito nel 1959.Lo strumento, a trasmissione integralmente elettrica, ha 2952 canne per un totale di 73 registri distribuiti su tre tastiere, di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note

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SANTA MARIA DEL PONTE METAURO

fano_ponteNon incluso nell’ Itinerario delle chiede di Fano ma realtà importante per l’intera città è il Santuario della Madonna del Ponte (o di S. Maria del Ponte); esso si trova sulla sponda sinistra del fiume Metauro, al lato dell’attuale strada statale Adriatica, a 3 Km da Fano e in prossimità della foce.

La chiesa ha origini antiche, forse precedenti al XII secolo.
Sicuramente i primi momenti importanti li vive nella prima metà del XIV secolo, quando in questo piccolo convento con ospedale si stabilisce il terziario francescano Beato Francesco da Montegranaro, detto anche Beato Cecco da Pesaro.
Il luogo, proprio alla foce del Metauro, è legato alla leggenda dell’uccisione nel 1215 di un gigantesco serpente, o dragone, da parte dello stesso San Francesco.
E’ là che il Beato Cecco pone l’immagine a fresco della Madonna dell’Umiltà o del Latte, in un primo nucleo della chiesa che allora doveva essere una cappella aperta verso la strada per permettere la vista della Madonna ai viandanti.

La chiesa ha un aspetto che le viene dai restauri che l’hanno interessata nel 1926, quando divenne parrocchiale, e nel 1930, dopo il terremoto.
Ha una singolare pianta a T, un’unica navata con soffitti a crociera alle estremità e volta a botte al centro.
In una cappella sulla sinistra, in quello che era il vano del campanile, si conserva l’affresco della Madonna del Latte, oggetto nei secoli di grande venerazione, come testimoniano anche i numerosi ex voto ancora esposti. Nel 1984, in occasione della visita del Papa Giovanni Paolo II a Fano, alla Madonna e al Bambino sono state aggiunte due corone e la Madonna è stata nominata Patrona della città e dei Marinai.

Prima del 1926 al posto di questa cappella c’era un grande arco (ora tamponato) chiuso da una cancellata, per permettere dall’esterno la visione della Madonna.
Di rimpetto, sulla parete destra, si trova una struttura in pietra costruita nel 1597 per ospitare un tabernacolo reliquiario e al di sotto l’affresco della Madonna, poi trasferita nel 1926 nella cappella attuale. Attualmente vi si trova la fonte battesimale.
La chiesa possiede altre opere pittoriche di una certa importanza: sulla parete di destra un affresco, di scuola peruginesca, della Madonna in trono affiancata da S. Rocco e nel fondo, sulla parete destra del presbiterio, un altro affresco rappresentante l’Ultima cena.

Sull’altare maggiore era originariamente esposto lo stupendo polittico eseguito nella prima metà del 1400 da due maestri veneti ed ora conservato nella Pinacoteca civica di Fano. Il polittico viene attribuito al Gianbono e al cosiddetto maestro di Roncaiette, in due registri completamente distinti.
Al suo posto è ora presente uno splendido crocifisso ligneo del 1710 (1).

L’attuale torre merlata è frutto della ricostruzione della torre a campanile, crollata a seguito del terremoto del 1930. Prima ancora era una torre di avvistamento, costruita nel 1486 per contrastare le incursioni dei Turchi. La festa del santuario, ancora oggi molto seguita, si svolge il martedì di Pasqua nella adiacente pineta

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SANTA MARIA DEL RIPOSO (DETTA DEI PIATLET)

piatletIl quartiere dei Piattelletti (i Piatlét) deve il suo nome alla chiesa omonima, da tempo abbattuta. E’ costituito da una serie di stretti vicoli (Via Tomassini, Tomani, Speranza, Monaldi, della Vica e del Vasaro) posti tra Borgo Cavour e Via Garibaldi nel centro storico di Fano.
Sin verso il 1960 era un quartiere povero, con casupole quasi tutte vecchie e malsane. Attualmente la maggior parte degli edifici è stata restaurata, pur mantenendo abbastanza inalterato l’aspetto esterno.

Luciano Poggiani

LA CHIESA DEI PIATTELLETTI

La Chiesa dei Piattelletti sorgeva sulla piazzetta all’incontro delle vie Tomani, Speranza e Tomassini. Sul portale (oggi collocato al Museo Civico) c’era una scritta in latino che in italiano recita: “Questa Chiesa dedicata dagli Avi alla Beatissima Vergine fu restaurata dai fratelli Gabriele ed Andrea Gabrielli nel 1480”.
La Chiesa, detta anche di S. Maria del Riposo, della Visitazione e di S. Maria della Misericordia, fu costruita per volontà dell’antica e nobile famiglia fanese dei Gabrielli, la quale nel 1530 ne fece dono ai Camaldolesi Coronesi di Montegiove insieme all’adiacente ospizio. La famiglia Gabrielli donò ai Camaldolesi anche il terreno su cui sorse nel ‘600 l’Eremo di Montegiove. La Chiesetta fu detta dei Piattelletti perché la pavimentazione era formata da piattelli di ceramica quadrati con disegni l’uno diverso dall’altro. Il pavimento (si tramanda la voce) sembra sia stato venduto alla fine dell’Ottocento.
Durante il ventennio fascista, si progettò di bonificare l’insalubre rione dei Piattelletti; il Podestà di allora, 1935, iniziò abbattendo la Chiesa, senza eseguire alcuna opera di restauro alle case. Attualmente il proprietario del locale, un tempo adibito a sacrestia, sta eseguendo lavori generali di bonifica della casa e di restauro dei ruderi dell’antica Chiesa, per realizzarne un piccolo appartamento.

(da: “la Vecchia Fano”, AMADUZZI 1981)

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I Testi sono a cura di Paolo D’Errico in collaborazione con Paola Bartoletti, Piergiorgio Budassi, Marco Casarini, Roberta D’Errico, Davide Fabbri, Luca Fabbri, Alessia Polidori, Luciano Poggiani, Daniele Tanoni. Alcuni di questi sono stati Rivisitati da Proloco Fano o presi da progetti di natura associativa.