Cenni storici
L’attuale teatro, a cui fa da facciata l’antico Palazzo del Podestà fondato nel 1299, fu eretto su progetto dell’architetto modenese Luigi Poletti tra il 1845 e il 1863 sostituendo l’antico celebre teatro omonimo eretto dal famoso scenografo e scenotecnico fanese Giacomo Torelli tra il 1665 e il 1677.
Il teatro è stato chiuso per dichiarata inagibilità nel 1839 e successivamente abbattuto. L’odierno teatro fu gravemente danneggiato nel corso della seconda guerra mondiale (estate del 1944) dal crollo dell’adiacente torre civica e da spezzoni incendiari caduti sul tetto della sala. Solo dopo cinquantaquattro anni dalla sua forzata chiusura, nella primavera del 1988, il teatro è stato riaperto al pubblico, dopo le lunghe e complesse operazioni di restauro e ristrutturazione che ne hanno preservato l’antico aspetto pur rinnovandone tutti gli impianti e le attrezzature tecniche.
Sala Poletti
Assai bella è la neoclassica sala degli spettacoli, 595 posti circa, dotata di ogni comodità e decorata con esemplare signorilità.
Essa dispone di tre ordini di palchi a sporgenze degradanti in ritiro e di un capace loggione a balconata. Caratteristico è l’alto basamento anfiteatrale che regge la sporgenza del primo ordine, ampio e decorato da piccole chimere alte. Qui, retrostanti di un metro circa, si elevano i pilastri che reggono la sporgenza del secondo ordine e sostengono un peristilio d’ordine corinzio su cui si impostano il fregio e la cornice della trabeazione, coronata da attico decorato da statue, che funge da parapetto al loggione. A metà circa dell’altezza, fra un fusto e l’altro delle colonne, una impalcatura con elegante parapetto a grata delinea il terzo ordine. È di gradevole effetto il motivo classico del traforo che si presenta nel ricordato parapetto del loggione e ben si presta ad evitare il ripetersi monotono dei parapetti a fascia che caratterizzano invece i due ordini realizzati, su disegno del Poletti, dal plasticatore urbinate Giuliano Corsini.
Agli stessi si deve anche il disegno e la realizzazione del motivo a corone concentriche della volta (ora fedelmente rifatta perché andati distrutti nel ‘44) nei cui riquadri campeggiano,a vivaci tempere del pittore romano Francesco Grandi, i “Fasti di Apollo” e altre immagini mitologiche .
Del Grandi si è salvato il grande sipario che raffigura un immaginario ingresso dell’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto nell’antica Colonia Iulia Fanestris: opera decisamente pregevole per ricchezza di colore e accuratezza di disegno.
Altri dipinti, conservati purtroppo solo in parte, sono nelle volte a lunette del primo atrio, opera dei fratelli Gioachino e Mariano Grassi, mentre nella saletta della biglietteria la volta a crociera conserva l’unico scomparto superstite di quelle che furono le decorazioni cinquecentesche e ‘raffaellesche’ dell’antico loggiato del Palazzo del Podestà.
LUIGI POLETTI
Architetto (Modena, 28 ottobre 1792 – Milano, 2 agosto 1869).
Esponente del neoclassicismo, studiò a Modena e a Bologna e dal 1818 si stabilì a Roma, presso lo studio di Raffaele Stern che in quegli anni negli anni lavorava al Braccio Nuovo in Vaticano. Nel 1833 succedette a Pasquale Belli per completare la costruzione della basilica di San Paolo fuori le mura, rimanendo poco fedele al progetto originario e aggiungendovi il campanile marmoreo in stile rigorosamente neoclassico.
Lavorò poi al Palazzo Lateranense (1838) e alle testate dei Borghi oggi distrutte. Divenne Accademico di San Luca e fu chiamato a far parte dei Virtuosi del Pantheon, dedicandosi anche alla costruzione della chiesa di Santa Maria degli Angeliad Assisi e all’erezione della Colonna dell’Immacolata di Piazza di Spagna a Roma (1854-56).
Oltre al Teatro della Fortuna (1845-53), provvide anche alla costruzione di quelli di Terni (1845-49) e Rimini (1841-57). Tutte le sue opere dimostrano un’adesione totale allo stile neoclassico, nella forma del più rigoroso purismo. Continuò la sua attività progettando la chiesa di San Filippo a Nocera Umbra, attenendosi infine a modi neoquattrocenteschi nella sua ultima opera, il Collegio Scozzese in Via Quattro Fontane a Roma.
Così scrisse dei suoi teatri: “Il concetto di quei due teatri (Terni e Rimini) come del terzo (Fano) partì da un sistema che m’ero creato con studio anteriore di ben sedici anni su quegli edifici, percorrendo tutte le teorie usate dagli antichi e dai moderni. Vidi che i primi non convenivano ai nostri costumi e i secondi erano un accozzamento di parti senza regole fisse e senza buon effetto. Anche a nostri giorni si riducono ad una cieca imitazione dei teatri Argentina, della Scala e San Carlo. Conobbi che era necessaria una riforma la quale fissasse delle norme certe e generali, tanto rapporto alla curva quanto alle condizioni del meglio vedere e del meglio sentire, eliminando que’ sconci alveari che ancora deturpano gli odierni teatri ed introducendovi tutte le comodità”.
Sala Verdi
Dal secondo atrio, salendo gli scaloni che si sviluppano sui due lati minori e che portano ai corridoi dei palchi, si raggiunge il ridotto del terzo ordine che dà anche accesso alla rinnovata Sala Verdi, vasto ambiente destinato un tempo alle feste danzanti, ai concerti e alle conferenze. Completamente devastato dal crollo della vecchia torre civica, il locale è stato interamente rinnovato in veste di moderno auditorium su disegno dell’architetto Gianni Fabbri.
Il teatro a Fano
Per la storia delle vicende teatrali fanesi va ricordato che già nel 1556 l’antico salone trecentesco del palazzo podestarile venne trasformato in ‘Sala della Commedia’, dotato di palco e scena fissi. Entro le sue mura fu eretto nel Seicento il teatro del Torelli una ricca sala a cinque ordini di palchetti lignei e vasto palcoscenico munito di ‘machine’ e ‘ingegni’. Lo spazio era destinato al trionfo della scenotecnica e del melodramma barocchi con l’intervento, dopo il Torelli, anche di Ferdinando e Antonio Bibiena che nel 1718 rinnovarono l’intero corredo scenico.
Seguirono stagioni memorabili con prestigiosi interpreti: Farinelli, Farfallino e Giziello, eccezionalmente affiancati da primedonne come Vittoria Tesi Tramontini, Paola Corvi detta la Morotti e Costanza Posterla Piantanida. Successivamente gli amatissimi “drammi giocosi” di Galuppi, Anfossi, Guglielmini, Piccinni, Cimarosa, Paisiello e a partire dal 1818 con ilGioachino Rossini de “Il Turco in Italia”, ”Cenerentola”, ”Il Barbiere di Siviglia”, ”L’inganno felice” , in seguito ”Matilde di Shabran” e ”Semiramide”, con il Bellini del ”Pirata”, ”Norma” e ”Sonnambula” e con il Donizetti de ”L’elisir d’amore” e de ”Il Furioso”.
Il teatro dell’Ottocento e del Novecento
Con il nuovo teatro del Poletti, ci fu il pieno trionfo dell’opera romantica prima e verista poi con i titoli più noti dei ricordati Bellini e Donizetti, di Giuseppe Verdi, dei francesi Gounod, Bizet e Massenet, di Catalani, Puccini, Mascagni, Leoncavallo, Cilea e Zandonai e anche, nel 1906, con il ”Lohengrin” di Richard Wagner. Altrettanto ricca e varia la programmazione nel campo della prosa con centinaia di drammi, commedie e farse di testi famosi e applauditi, compresi i fanesi Cesare Rossi, Claudio Leigheb e Ruggero Ruggeri.
Il restauro
Poi il lungo silenzio dovuto alle ricordate distruzioni belliche del 1944 e, per finire, il decennio di varia e intensa attività seguita alla riapertura del 1998 culminato con la nascita della Fondazione Teatro della Fortuna.
Testo curato da Franco Battistelli.